Nato, l’ammiraglio Di Paola sul nuovo concetto strategico

30 Ottobre 2010

Fonte: Affari Internazionali – IAI

Alessandro Marrone

 

Colloquio con l’Ammiraglio Di Paola

La Nato guarda al futuro

 

La discussione in sede Nato sul nuovo concetto strategico è alle sue battute finali e ci sono novità e passi in avanti importanti su temi come la difesa missilistica e la cyber security. Lo sottolinea l’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, Chair del Comitato Militare della Nato in questa intervista sulle prospettive del Vertice di Lisbona di fine novembre, in cui verrà varato il nuovo documento strategico dell’alleanza.
Nella recente riunione dei ministri della Difesa e degli Esteri della Nato si è discusso fra l’altro del nuovo concetto strategico. Che cosa ne è emerso?
Il Segretario Generale Rasmussen ha presentato il draft del Concetto Strategico, per avere dai ministri la conferma che il lavoro svolto finora procede nel senso giusto, una “guidance” politica a livello ministeriale. Saranno poi i Capi di Stato ad approvare il documento definitivo al Summit di Lisbona del 19 e 20 novembre. Mi sembra ci sia stata una convergenza molto forte, forse anche al di là delle aspettative, sul lavoro svolto dal Segretario Generale, che ora potrà fare le limature necessarie in vista del Vertice.
Nella riunione si è raggiunto un accordo sulla difesa missilistica dell’Europa? Quali sono le prospettive al riguardo?
Come il Segretario Generale ha ripetutamente affermato, il tema è una priorità e a Lisbona dovrà essere presa una decisione in merito. Nella riunione ministeriale c’è stato il riconoscimento che la minaccia missilistica è reale e che esistono le relative soluzioni tecniche. Ora va fatto il passo politico affinché si estenda la protezione missilistica, già garantita alle truppe in teatro, ai territori e quindi ai cittadini dei Paesi membri, contro una minaccia che rientrerebbe a pieno titolo nell’Art. 5 relativo alla difesa collettiva dei paesi membri. Se si deciderà in tal senso, c’è una chiara disponibilità espressa da tutti ad instaurare un dialogo con la Russia. La Federazione Russa condivide la minaccia, potrebbe subire attacchi missilistici, e potrebbe avere quindi un interesse a una difesa missilistica anche del territorio russo. Starà poi alla Russia fare le sue valutazioni, e decidere se lavorare insieme su questo soggetto, qualora a Lisbona l’Alleanza decidesse di procedere col progetto anche se, ovviamente, ci si sta lavorando in attesa della decisione politica. Al momento non ci sono piani precisi sulle soluzioni tecniche.
La cyber-security sarà inclusa tra i compiti dell’Alleanza? Un attacco cibernetico a siti dei Paesi membri può essere considerato un attacco alla sicurezza alleata ai sensi dell’Art. 5?
C’è una convergenza totale tra i Paesi membri sul fatto che la sicurezza del cyber-spazio è una delle nuove sfide alla sicurezza comune, e che la Nato debba dotarsi di capacità per farvi fronte. L’Art. 5 ha una formulazione chiara, ma su cosa si debba considerare un attacco ai sensi dell’Art. 5 si decide volta per volta. Non dimentichiamo che finora questo articolo è stato invocato una sola volta dopo gli attacchi dell’11 settembre, e che nei decenni precedenti nessuno avrebbe pensato che quel tipo di attacco non militare sarebbe rientrato nell’Art. 5. Perciò anche in futuro questo articolo mantiene una sua ampiezza di interpretazione. Nel caso della cyber-security dipenderà dalle caratteristiche dell’attacco, dalle sue dimensioni ed effetti, e dalla capacità di individuarne gli autori. Questo vale per la sicurezza cibernetica come per altre minacce asimmetriche, come il terrorismo. Nel paleolitico le armi d’attacco erano le pietre, durante la Guerra Fredda erano le armate sovietiche, l’11 settembre 2001 sono stati aerei civili dirottati dai terroristi, in futuro può essere un attacco missilistico o un attacco cibernetico, o altro ancora.
Quale ruolo avrà la Nato riguardo alla sicurezza energetica?
La sicurezza energetica è stata sollevata da più parti come uno dei temi che interessano gli alleati. Certo, per tutti i paesi la sicurezza energetica è un tema centrale che, infatti, è all’attenzione della Nato, ma si deve ancora ragionare e lavorare su quale ruolo può avere l’alleanza. Ci sono compiti come la protezione delle infrastrutture critiche e la protezione degli spazi comuni nei quali transita l’energia, come le rotte marittime. Assicurare la sicurezza di queste infrastrutture e spazi contribuisce direttamente alla sicurezza energetica. Ci sono poi modi indiretti di contribuire, quali ad esempio la creazione di un clima positivo tra paesi produttori, paesi di transito e paesi consumatori di energia, tramite la cooperazione politico-militare: se la Nato crea un clima migliore con la Russia, riduce indirettamente i rischi per la sicurezza energetica. Invece sullo sviluppo di fonti alternative di energia, sulla diversificazione delle fonti, o su altre questioni legate alla sicurezza energetica, la Nato non ha nulla da dire o da fare.
Che peso ha l’esperienza Nato in Afghanistan nell’ambito della riflessione sul Concetto Strategico? Significative missioni out-of-area come quella Isaf in Afghanistan rientreranno ancora fra i compiti della Nato?
Lo slogan “Never Afghanistan again” è da respingere. Non è che operazioni come quella in Afghanistan si fanno “sempre” o “mai”: se si creano delle situazioni in cui l’Alleanza ritiene di intervenire lo farà, decidendo caso per caso in base alla valutazione della minaccia alla sicurezza e alla stabilità. L’Afghanistan ha insegnato che le minacce alla sicurezza alleata si sviluppano anche a distanza, e se riteniamo di dover intervenire lo facciamo, perché la sicurezza euro-atlantica non è più solo euro-centrica. Queste sfide si vincono non solo con lo strumento militare ma con un “comprehensive approach”, e attraverso la cooperazione con gli altri attori internazionali: da qui la maggiore importanza di un partenariato e di un dialogo politico globale che coinvolga soggetti fino a ieri estranei al contesto Nato, come India e Cina. Dialogo e Partenariato sono strumenti strategici, di natura politica, per la costruzione della sicurezza internazionale e la prevenzione delle crisi, e non un mero strumento per avere altre truppe dai Paesi terzi.
Secondo lei l’alleanza rimane una priorità della politica estera americana?
A giudicare dalle posizioni del Segretario di Stato Clinton e del Segretario alla difesa Gates, oltre che del presidente Obama, l’impegno americano c’è, è forte e importante. Certo occorre rendersi conto di un fatto, e di qui anche la necessità del nuovo Concetto Strategico: il centro di gravità della nostra sicurezza, anche in termini geopolitici, si sta spostando dall’area euro-centrica verso l’area asiatica e del Pacifico. La Nato deve essere consapevole che la sicurezza transatlantica non dipende solo dall’area europea come nel passato. Se la Nato avrà un respiro più ampio, in linea con il nuovo Concetto Strategico, gli Stati Uniti, a mio avviso, confermeranno un rinnovato impegno nell’alleanza.
Riguardo al processo di elaborazione del Concetto Strategico, quale effetto ha avuto il rapporto preparato dal Gruppo di Esperti presieduto dalla Albright?
Ha avuto un effetto molto forte. Il Segretario Generale sta scrivendo di persona il Concetto Strategico, sostanzialmente “ha la penna in mano”, ma ha affermato che in questo lavoro si è basato largamente sul rapporto del Gruppo degli Esperti. Rapporto la cui elaborazione ha coinvolto per un anno un’ampia gamma di interlocutori, e i cui risultati sono stati apprezzati. Nel complesso quindi il Gruppo ha svolto un ruolo molto importante.
In queste fasi finali quali difficoltà sta incontrando il dibattito tra gli alleati? C’è ad esempio una divergenza sulla proiezione globale della Nato o sui rapporti con la Russia?
Quello di cui si discute non è una “global Nato”. Lo scopo dell’alleanza resta immutato: la difesa dei paesi membri. Ma la Nato vive in un mondo che è cambiato e quindi non può non avere una “consapevolezza globale”: la consapevolezza che la minaccia alla nostra sicurezza può venire anche da lontano, dall’Afghanistan o al largo della costa somala. Oggi tutti sono consapevoli che la minaccia si può materializzare dentro o fuori il perimetro della Nato, nessuno vuole la Nato globale, ma tutti riconoscono la necessità di una “consapevolezza globale”. Riguardo alla Russia, tutti i paesi membri riconoscono l’opportunità e l’importanza di instaurare un rapporto di cooperazione con Mosca. Naturalmente ci possono essere sensibilità diverse tra gli alleati. Ma l’Accordo di Pratica di Mare, che nel 2002 ha istituito il Consiglio Nato-Russia, contiene principi fondamentali che per i paesi Nato sono ancora validi, e sulla base dei quali tutti vogliono realizzare una cooperazione con la Russia. Certo per cooperare bisogna essere in due, e quindi si spera che la Russia voglia tendere la mano come la tendiamo noi. Tra gli alleati c’è chi pensa che ciò avverrà sicuramente, e chi è più cauto. Tuttavia anche i membri della Nato più prudenti riconoscono la necessità di un partenariato serio e cooperativo con Mosca.
Nel recente evento organizzato a Roma da IAI e Aspen Institute, Rasmussen si è concentrato molto sulla Russia. Quali sono le prospettive di cooperazione con Mosca, in particolare sul trattato sulle armi convenzionali (Cfe) e sulla proposta russa di un nuovo trattato paneuropeo?
In generale nei confronti della Russia c’è disponibilità a discutere di tutto, ma riteniamo che di accordi internazionali al momento ce ne siano più che a sufficienza. Si tratta piuttosto di metterli in atto. Il Cfe va discusso nelle sedi opportune, cioè a Vienna in ambito Osce, perché è fondamentale per la sicurezza europea. L’alleanza è certamente molto interessata a un Cfe rinnovato basato su principi chiave, quali trasparenza, reciprocità, “mutual restraint” e il consenso dello stato che ospita truppe e forze militari straniere. Si discute a partire da questi principi, sta ora alla Russia dimostrare il suo impegno. Noi speriamo che ciò avvenga, anche se al momento ciò non è chiaro e tra gli Alleati c’è chi è più cauto. L’Alleanza ha dimostrato la sua volontà di dialogare invitando i rappresentanti russi a partecipare a un summit ai massimi livelli del Consiglio Nato-Russia a Lisbona, in concomitanza con il Vertice dei Capi di Stato e di Governo che approverà il Concetto Strategico.
Come valuta lo stato dei rapporti Nato-Ue? Cosa dirà in merito il nuovo Concetto Strategico?
Ci si aspetta che vi si riaffermi con forza il carattere strategico del rapporto Nato-Ue. Ci sono problemi di natura politica ben noti e per risolverli serve una chiara volontà politica sia nel contesto Nato, sia nel contesto Ue. La cooperazione tra le due organizzazioni sul terreno è molto avanzata, ad esempio quando missioni Nato e Ue sono dispiegate insieme nello stesso teatro. È normale: quando vi sono problemi di natura politico-istituzionale gli uomini sul campo cercano pragmaticamente di lavorare insieme. Ma è chiaro che se i problemi politico-istituzionali fossero superati, anche la cooperazione a livello operativo funzionerebbe molto meglio.
Alessandro Marrone è ricercatore presso l’Area Sicurezza e Difesa dello IAI.
Vedi anche:
A. Marrone: Doppio binario con Mosca
R. Alcaro: La Nato alla ricerca di una nuova strategia