Parigi investe al di qua delle Alpi

26 Marzo 2011

Enea Franza

 

Italia, terra di conquista?

 

Da qualche tempo i pochi giornali economici venduti (e comprati) in Italia riportano la notizia che, oltre ai cinesi, anche i cugini d’oltralpe hanno iniziato ad interessarsi alle nostre imprese. Che in Cina ci fosse molta liquidità è un fatto noto, ma che tanto denaro fosse disponibile pure da parte dei francesi è un motivo di forte turbamento per chi, non impegnato a seguire i fatti economici, si scontra con la dura realtà degli affari.
A nostro modo di vedere, la stampa viene parecchio in ritardo ad occuparsi di tali questioni. Ad accende un faro, all’inizio del 2011, c’è stata forse la notizia che oltre 36 mila metri quadrati di aree coperte in diversi siti italiani (tra cui spiccano le aree nei pressi di Castel San Giovanni, Rovigo e Novara) sono passati sotto il controllo dei francesi. A comprare sembra sia stato il gruppo Geodis (quel gruppo che già, in passato, aveva acquisito una della società di spedizione più importanti d’Italia, la Zust Ambrosetti). Adesso è noto che dietro al gruppo Geodis ci sono le ferrovie francesi. La notizia del febbraio del 2011 deve aver infiammato gli imprenditori locali che hanno sollecitato anche il mondo politico e ha acceso i riflettori della stampa. In realtà il fatto segue e precede altrettanto analoghi casi eclatanti e di dimensione molto più vasta. La presenza economica francese prende la forma di un tessuto denso di imprese che costituiscono altrettanti collegamenti tra i due Paesi: grandi gruppi come Total, BNP-Paribas, Crédit agricole, Axa, Air France-KLM ecc., ma anche un numero importante di piccole e medie nel mercato delle auto, dei prodotti di lusso degli alimentari, grande distribuzione e nei servizi alle aziende nel campo della logistica, del facility management, dei prodotti finanziari, dell’immobiliare …
Vediamo come si sono costituite queste realtà. Cominciamo dalla storica casa di latticini e formaggi Galbani , che oltre ad essere titolare di famosi marchi italiani come Invernizzi, Locatelli, Cademartori, Vallelata ecc., ha rappresentato per molto tempo un esempio della genuinità del prodotto italiano. Bene, è finita già da quattro anni sotto il controllo della francese Lactalis (e prima era sempre della casa d’oltralpe Danone) che, peraltro.
E’ di questi giorni la notizia della partita su Parmalat. La società francese Lactalis aumenta, infatti, la partecipazione nella società di Collecchio, passando dal 7% al 29%. Al centro della vicenda il ruolo giocato dai fondi esteri che negli scorsi mesi avevano provveduto a rastrellare un’importante quota del circolante della società di Parma. Il moltiplicarsi delle liste per il nuovo cda ed il rischio di una sua ingovernabilità sembrerebbero aver convinto i fondi esteri a vendere la loro quota del 15,3% a Lactalis, che, così stando le cose, detiene di fatto la maggioranza del capitale di Collecchio. 2,80 euro per azione è stato il prezzo pagato dai francesi. La cordata italiana capitanata da Granarolo e Ferrero sembrerebbe non mollare, ma un’eventuale opa costerebbe cinque miliardi.
L’espansione del popolo gallo nel settore alimentare non si ferma ai soli prodotti, ma investe anche la distribuzione.
Così anche i supermercati Gs non sono più italiani ma d’imprenditori francesi (per essere puntuali, di Carrefour ) e, nel frattempo, anche Auchan, leader mondiale della distribuzione, è da anni presente in Italia. La presenza francese è più che rilevante anche in altri settori economici, come quello della moda. E’ dei primi giorni di marzo di quest’anno “l’accordo amichevole” tra i proprietari di Bulgari ed il gruppo francese Lvmh (Luis Vittol) che segue la vendita (sempre ai francesi) di Gucci e Fendi. Di certo, nonostante il caro prezzo pagato per acquistare dalla famiglia Bulgari la società del lusso, per Lvmh di è trattato certamente di un ottimo affare perché con l’acquisizione la citata società raddoppia la dimensione della divisione gioielli ed orologi e, finalmente, la mette in concorrenza con Richemont (Cartier) e Swatch.
Anche energia e banche – settori strategici – hanno da tempo saggiato la presenza francese. Nel settore elettrico, in particolare, la calata dei francesi comincia nel 2001. Come forse ricordano i più attenti alle questioni economiche, Gianni Agnelli lanciò le sue truppe all’attacco della Edison (ex Montedison), uno dei feudi della Mediobanca di Enrico Cuccia, morto l’anno prima. Nella guerra lo affianca il colosso dell’energia francese, la società Edf (Electricite de France). Il consorzio cosi costituito, Italenergia, vinse e si prese la società milanese. Poco tempo dopo, Fiat ha dovuto presto battere in ritirata, lasciando da soli i francesi e non pochi strascichi. Le trattative tra Edf ed i soci italiani di Delmi (capitanati da A2a) su Edison, infatti, sono ancora lontane dal trovare una soluzione. Un problema simile fortunatamente concluso ha riguardato l’Acea, importante società municipalizzata romana. Dopo anni di braccio di ferro, si è risolto con lo scioglimento della jv tra Acea e Gdf-Suez.
Nel settore delle banche l’avanzata francese comincia con la Banca nazionale del lavoro, prestigiosa istituzione italiana. La storia è anche qui abbastanza nota. La BNL da sempre tra il Palazzo e la finanza (vedi lo scandalo di Atlanta), finì nel mirino dei furbetti del quartierino e Unipol ed a “salvare” la banca intervenne Bnp Paribas, colosso bancario nato dalla politica aggregativa francese di fine anni ’90. La storia dell’entrata dei francesi nelle banche italiane non finisce naturalmente qua. Quando Intesa Sanpaolo ha dovuto, per motivi antitrust, vendere migliaia di sportelli della controllata CariParma, se li è comprati un altro colosso bancario francese: Credit Agricole. Ma l’appetito si sa vien mangiando ed ora anche i francesi sembrano interessati anche alle assicurazioni. La Groupama, ad esempio, importante gruppo assicurativo francese, ha messo un piede dentro Premafin, la holding della famiglia Ligresti proprietaria di Fondiaria-Sai. L’ingegnere siciliano, come tutti sanno, ha qualche debituccio ed in suo aiuto sono prontamente corsi i francesi; una storia che ricalca molto da vicino i casi già visti …
Ma ritorniamo da dove siamo partiti, ovvero dall’acquisto fatto dal gruppo Geodis e domandiamoci: cosa manca al disegno francese di conquista? Le infrastrutture e i trasporti, sono senz’altro un asset cruciale per qualsiasi Paese. Le ferrovie italiane sono state liberalizzate e dal 2012 partirà la concorrenza sull’Alta Velocità. A competere con il Freccia Rossa arriverà Italo, il treno di Ntv, la società di Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle che hanno come soci i francesi di Sncf, l’equivalente di Trenitalia. Qui sono in molti a sospettare che la cordata sia solo un paravento e che Sncf non aspetti altro che il momento buono per farsi avanti .
Ma le ferrovie non sono il solo obbiettivo. Dietro l’angolo c’è sempre Alitalia. Quando la compagnia di bandiera è finita ad un passo dal fallimento, l’allora premier Romano Prodi voleva darla in sposa ad Air France (già socia). I fatti sono noti ed il governo Berlusconi ha praticamene offerto a Roberto Colaninno la gestione della compagnia di bandiera. I francesi, tuttavia, hanno una quota della nuova società, e ora, vista la situazione, potrebbero fare l’affondo. La compagnia, infatti, continua a perdere terreno e competitività sul mercato: se il trend non s’inverte ci vorranno altri soldi e la cordata italiana di Cai, sembra essere particolarmente riluttante a mettere nuovamente mano al portafoglio. A quel punto, scaduti i vincoli di lock-up, è opinione diffusa che Air France farà un sol boccone dell’ex compagnia di bandiera.