Mediterraneo ecumene europeo

11 Aprile 2011

Mino Mini

 

SOLITUDINE GEOPOLITICA

 

 

 

 

 

Le vicende di questo marzo-aprile 2011, con le conseguenze della surrettizia invasione – “lo tsunami umano” –che ci sta investendo mostrano, una volta di più e con palmare evidenza, la solitudine geopolitica dell’Italia. Si rivela essersi verificato ciò che un editoriale di Limes, il 2/2006, denunciava: – Non abbiamo costruito quell’Europa in nome della quale abbiamo lasciato affondare l’Italia in un Mediterraneo “ che non bagna Bruxelles”.
Prima di affrontare la tesi di fondo di questo scritto, vale spendere in una digressione qualche preziosa riga per ricordare ad una Europa, inesistente sul piano politico e suicida su quello geopolitico, l’attuale situazione del Mediterraneo. L’Arco latino, ovvero la collana delle città costiere al di sopra dei 500.000 abitanti ( Barcellona, Marsiglia, Genova, Roma, Napoli, Palermo, Malaga e Valencia) con 12,8 milioni ( d’ora in avanti Ml) di abitanti costieri insieme ai 18 Ml della Zona di contatto nel bacino orientale ( Atene, Istanbul, Smirne e Salonicco ) fronteggiano sulla Riva Sud e Est i 50,35 Ml di abitanti delle diciassette città costiere, alcune riunite in conurbazioni, altre legate dalla breve distanza a formare aree vaste di tipo metropolitano ( Adana, Aleppo, Damasco-Beirut, la metropoli virtuale Amman-Gaza-Gerusalemme-TelAviv, la conurbazione Alessandria-Cairo, nonché Tripoli, Bengasi, Tunisi, Algeri, Orano, Tangeri e l’area vasta Casablanca-Rabat-Salé che gravita sul Mediterraneo ). Dieci di queste superano il milione di abitanti, alcune con punte di altissima tensione abitativa quali Alessandria-Cairo con 13,8 Ml, Algeri con 4,4 Ml, Casablanca-Rabat-Salé con 8,1 Ml. Nell’Arco latino, invece, solo Roma supera la soglia del milione di abitanti seguita dall’area metropolitana di Napoli. Ebbene al momento 25,4 Ml di abitanti frontalieri, la metà di tutta la Riva Sud e Est,son investiti dall’incendio della rivolta che divampata a Tunisi ( 2,9 Ml ) si è estesa nella conurbazione di Alessandria-Cairo ( 13,8 Ml ), in Siria ( 5,7 Ml ), ad Amman ( 3,0 Ml ).
Sperando che l’incendio non dilaghi nella potenzialmente “sismica” Algeria e nel Marocco, riteniamo che l’Italia debba riprendere in fretta le fila del proprio destino uscendo dalla solitudine geopolitica cogliendo il senso della collocazione ecumenica dell’Europa-territorio o territorio paneuropeo che è altra cosa dall’ectoplasma politico che circola a Bruxelles ed a Strasburgo e che esiste anteriormente e nonostante questo.
Il territorio è la realtà di un popolo al di là di ogni fallace ideologia mondialista ed il territorio paneuropeo si esprime in due aspetti: il primo è l’area mediterranea, il secondo è l’area continentale che chiude a nord il Mediterraneo. E’ il Mediterraneo che ha generato l’Europa e le sue sponde, comprese quelle della Riva Sud e Est, sono parti integranti del suo spazio geopolitico.
Diceva C. Schmitt nel Il nomos della terra: La comunità che si afferma mediante l’ordinamento spaziale è più importante di tutto quello che è stato detto sulla sovranità e il non intervento”.
Volendo affermare ( o costruire ) la comunità europea – che non alloggia a Bruxelles – dobbiamo quindi operare realisticamente sull’ordinamento spaziale e questo implica che le due aree, la mediterranea e la continentale, debbono entrare in sistema tra loro. Il modo per entrare in sistema è quello di operare per gradi successivi di organicità: da quello logico delle due aree che abbiamo appena enunciato a quello strutturale o infrastrutturale; da questo a quello politico. La lezione schmittiana, al fondo, non differisce da quella di Roma: se vuoi costruire una comunità dall’unione di individui diversi, occorre creare un sistema di strutture territoriali – l’ordinamento spaziale – che li inglobi in un organismo di scala superiore. Da qui ne deriva, nel nostro caso, una gradualità di strutture secondo le diverse scale del sistema territoriale. Quelle a livello paneuropeo hanno la funzione di mettere in sistema le diverse realtà territoriali dei singoli stati. Devono, ad una scala nazionale, essere integrate da infrastrutture nazionali che, a loro volta, vanno integrate da infrastrutture regionali.
Ebbene poiché la posizione dell’Italia nel Mediterraneo la espone più di ogni altra nazione europea a svolgere la funzione di frontiera o – auspicabilmente – di cerniera, spetta principalmente al nostro territorio mettere in sistema l’area mediterranea con quella continentale. Questa è la tesi che, in prosieguo, andremo a sviluppare.
Ma vediamo la situazione.
Dopo la caduta del Muro, l’euforia sopraggiunta con la prospettiva di allargamento ad est della UE spinse Bruxelles ad elaborare un sistema paneuropeo di fasci infrastrutturali per ordinare il proprio spazio territoriale. Si trattò dei famosi corridoi paneuropei, fasci multimodali di trasporto e di comunicazione basati su ferrovie in sinergia con autostrade, aeroporti e porti marittimi la cui caratteristica doveva essere quella di permettere e favorire l’alta velocità dei vettori. Inutile dire che nell’elaborazione di tali corridoi, tutti impostati sull’est continentale e sui Balcani, l’area mediterranea fu completamente ignorata salvo per la parte iniziale del corridoio paneuropeo V che, partendo da Venezia-Trieste avrebbe dovuto arrivare a Kiev in Ucraina. Solo in seguito si pervenne ad individuare il prolungamento del corridoio V verso ovest allacciandolo a tracciati esistenti e realizzando, in tal modo, un asse trasversale paneuropeo da Lisbona a Kiev. Subito nacque la questione sul tracciato che lo stesso avrebbe dovuto seguire: se a sud o a nord delle Alpi. Ancora una volta, insomma, la miope visione continentale della UE tendeva ad escludere l’area mediterranea e quindi l’Italia fidando nel fatto che sarebbe stato possibile – come poi è stato fatto – saldare l’asse Lisbona-Barcellona-Lione con Strasburgo-Monaco-Vienna-Budapest-Kiev. Tutto a nord delle Alpi. Solo la presenza del collegamento TEN-T (Trans Europe Network-Transport) Torino-Trieste fece riprendere in considerazione l’ipotesi del corridoio V a sud delle Alpi, ma a determinate condizioni. Fu, in seguito, varata dalla UE la futura realizzazione di un corridoio nord-sud in senso peninsulare incluso nella lista TEN che collegando Berlino con Palermo rimetteva in gioco l’area mediterranea come parte determinante dell’ecumene europeo. Il quadro infrastrutturale di livello europeo interessante l’Italia e l’area mediterranea veniva, inoltre, completato con la previsione di un corridoio dei due mari Genova-Rotterdam per connettere in sistema il nostro mare con il Mare del Nord mentre a sud veniva completato dal duplice collegamento via mare Bari-Durazzo e Brindisi-Valona per connettere in sistema l’Adriatico ed il Mar Nero tramite il corridoio VIII. A questo scopo il sistema infrastrutturale dei corridoi paneuropei doveva entrare in rapporto con quello infrastrutturale a livello mediterraneo delle autostrade del mare che da Suez tocca tutti gli hub nord-africani ( P.to Said, Alessandria, Bengasi, Tripoli, Enfidha, Djen Djen ) mettendoli in relazione con gli hub mediterranei ( Valencia, Barcellona, Marsiglia, Genova, Durazzo, Igoumenitsa, Salonicco ) ed attraverso l’hub di Istanbul, con il Mar Nero.
Breve inciso: il termine hub, mutuato dall’informatica, indica il nodo di smistamento di una rete di comunicazioni con diffusione a stella.
Alla rimessa in gioco dell’area mediterranea a costituire l’ecumene europeo tramite il corridoio paneuropeo Berlino-Palermo quale “cardo“ territoriale del sistema che andava ad incrociarsi con il “decumano” Lisbona-Kiev nella pianura padana, spettava all’Italia rispondere completando, a livello nazionale e regionale, l’ordinamento spaziale mediterraneo. Fu allora concepito, a livello nazionale, un corridoio costiero che da Brindisi, costeggiando la riva adriatica deviasse su Bologna mettendo in sistema il corridoio VIII con il crocevia dai due assi paneuropei. A livello regionale furono concepiti due collegamenti trasversali che avrebbero dovuto mettere in relazione il sistema tirrenico, attraversato dal corridoio paneuropeo, con il corridoio adriatico: al centro il collegamento Civitavecchia-Orte-Mestre, già concepito parzialmente negli anni ’60; al sud il collegamento Napoli-Foggia-Bari.
Se in una prima fase l’Europa di Bruxelles aveva provocato la solitudine geopolitica dell’Italia, quest’ultima, però, ci ha messo molto del suo per consolidarla. Infatti gli allacciamenti del corridoio V per la nota opposizione NO TAV ad ovest e dissapori con la Slovenia ad est non sono stati ancora attuati. Conseguenza di ciò è che il fascio infrastrutturale paneuropeo, al momento, si giova del collegamento Lione-Strasburgo-Budapest a nord delle Alpi evitando l’Italia e facendo la gioia dell’Europa continentale.
Il “cardo” Berlino-Palermo finisce miserevolmente a Napoli perché la Salerno-Reggio Calabria è solo un “flatus voci” dei politici, il ponte sullo Stretto è un programma rinviato sine die e il trasporto ferroviario – per dirla con Tremonti – viaggia così lento che non si spiaccicano moscerini sui parabrezza delle motrici. Conseguenza di ciò è che il porto di Gioia Tauro, già privo di zona retroportuale, manca anche di infrastrutture di trasporto adeguate talchè un “casello” fondamentale dell’autostrada del mare non funziona e con esso si tronca un canale mediterraneo. Gli altri porti del sistema italiano mancano di fondali profondi e l’hub di Genova non riesce a far arrivare concorrenzialmente le merci nella Mitteleuropa e nell’Europa orientale. E’ noto che le merci cinesi che entrano da Suez destinazione Vienna, circumnavigano la Spagna e la Francia fino al Mare del Nord perché, sfruttando la logistica continentale arrivano sui mercati una settimana prima che partendo da Genova. Con ciò si depotenzia il sistema infrastrutturale delle autostrade del mare.
Il collegamento trasversale Civitavecchia-Orte-Mestre non funziona perché mancano 30 km nel tratto Civitavecchia-Vetralla ed il raddoppio della ferrovia Napoli-Bari è ancora al livello di contestatissimi studi costi-benefici.
Non sarebbe, certo, finita qui la descrizione delle cause intrinseche ed estrinseche che contribuiscono alla solitudine geopolitica dell’Italia, ma è d’uopo fermarci a questo punto per non andare in depressione.
A conclusione di questa dissertazione occorre ritornare a quanto ebbe a dire C. Schmitt nella citazione riportata più addietro. Se l’ordinamento spaziale è la forma secondo la quale una comunità si afferma, un’Europa limitata alla sola espressione continentale senza il Mediterraneo è destinata a non affermarsi mai come comunità politica. Sarebbe, forse, ricca economicamente, ma un nano sulla scena globale. Un ecumene europeo, situato nel baricentro delle grandi masse continentali qual è il Mediterraneo, sarebbe invece un gigante della storia ove attuasse una politica capace di mediare e comporre le diverse identità che si affacciano su questo mare sublimandole in un organismo territoriale di livello superiore. La strada verso l’ecumene passa per la strutturazione del territorio cominciando dall’Italia e dal Mediterraneo.
Come fu in origine quando, alla fine del processo di ordinamento spaziale, tutte le strade dell’ecumene portarono a Roma.