D’Alema, affondo contro Renzi. Ma incassa male la replica: via le mummie e i feudi a vita

11 Settembre 2011

Fonte: Europa – europaquotidiano.it

Yuri Bugli

 

D’Alema vs Renzi, un evergreen accende la Festa dem di Pesaro

L’ex premier: loffio chi si fa pubblicità attaccandomi. Il rottamatore: faccia un passo indietro

 

Pesaro – Come in un gioco bizzarro, i destini di Massimo D’Alema e Matteo Renzi continuano a incrociarsi, sfiorarsi, spesso a scontrarsi. Ieri il presidente del Copasir e il sindaco di Firenze sono giunti contemporaneamente alla Festa democratica di Pesaro. Nella scaletta l’uno segue l’altro, a poco più di cento metri di distanza.
Renzi nell’angolo intimo, forse un po’ troppo, riservato alla presentazione dei libri. D’Alema sul palco principale, in un dibattito con Italo Bocchino, vicepresidente di Fli. Spesso oggetto di critiche da parte del “rottamatore”, D’Alema arriva reduce dalla contestazione che lo aveva visto protagonista a Genova tre giorni fa. I precari dell’Amiu se l’erano presa con lui per il mancato rinnovo del contratto da parte dell’azienda, di cui Pietro D’Alema, un suo cugino di secondo grado, è amministratore delegato. Ironia della sorte, il medesimo trattamento è stato riservato al sindaco cyberscout due sere fa, nella sua Firenze dove è stato attaccato verbalmente da esponenti dei Cobas del trasporto urbano.
L’aria pesarese fa bene a entrambi. L’ex premier è accolto da un lungo applauso e risponde con un accenno di inchino all’audience. «Il tema vero è riuscire a far ripartire il paese» esordisce prendendosela con aplomb con il governo Berlusconi. «Non possiamo più permetterci un esecutivo che cambia, a trattativa privata, una manovra fallimentare». Grazie all’intervento della sicurezza, un contestatore comparso all’improvviso sul palco (con il cartello «D’Alema, Berlusconi ti sarà per sempre grato. Buffone!») viene salvato dalla reazione di un paio di sessantenni piuttosto risentiti. D’Alema rimane impassibile, cita Zapatero e suggerisce «l’apertura di una fase di collaborazione unitaria». Non risparmia un attacco «a certi giornali benpensanti che sono responsabili della crisi italiana, più di una certa politica» e soprattutto al ministro Tremonti, definito «una specie di Quintino Sella».
All’improvviso un breve inciso, quello che molti aspettavano: «Verranno dei giovanotti bravissimi che faranno meglio di noi, ma questi giovanotti dovrebbero imparare che noi siamo stati in grado di governare in maniera diversa questo paese». Il riferimento è palese: «Renzi è giovanissimo e già sindaco di Firenze, una parolina di gratitudine nei confronti del partito che gli ha garantito questa possibilità sarebbe opportuna», puntualizza D’Alema, che ricorda come il partito non sia più retto dai “vecchi”, ma dai più giovani.
Infine chiosa caustico: «Fino a quando avremo una giovane generazione che per finire sui giornali deve parlare di me, vuol dire che è un po’ “loffia”». Poco più in là incontriamo Renzi e gli chiediamo un commento sulle parole di D’Alema. Sorride, pensa un po’, poi spiega: «Trovo buffo che pur così vicini dobbiamo parlarci per mezzo dei giornalisti, magari si potrebbe andare a prendere un caffé e si farebbe prima».
Attende un istante poi rincara la dose: «Io non vado sui giornali parlando male di D’Alema, non ce n’è nessun bisogno. Forse sarebbe il caso che la sua generazione, dopo tanta esperienza, faccia un passo indietro, come previsto dallo statuto». Anche il rottamatore fa ricorso alle carte, ma ci tiene a specificare che con Rosy Bindi non ha polemizzato: «Ha fatto tutto lei». La gente, che poco prima del suo arrivo ha riempito lo spazio dove dovrà presentare il suo libro, Fuori!, applaude.
Poi la stoccata finale: «Non accetto l’idea che mi si accusi di mancanza di gratitudine nei confronti del nostro partito, sono uno dei fondatori. Se la gratitudine dev’essere a D’Alema, non credo di dovergliene. Fosse stato per lui a Palazzo vecchio ci sarebbe uno che arrivato quarto alle primarie». Infine, una mezza smentita: «In caso di primarie non sarò io il candidato». Sarà vero?