Fulgidi eroi oltre ogni oblio. A 103 anni ci ha lasciato Emilio Bianchi, violatore di Alessandria

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17 Agosto 2015

Domenico Cambareri

Fonti: varie

incursore emilio bianchi m.o.

Con Luigi Duran de la Penne, Emilio Bianchi affondò la corazzata Valiant

 Uno degli ultimi grandi eroi d’Italia, forse proprio l’ultimo, vero simbolo delle intrepide e indomite virtù guerresche dei migliori soldati d’Italia, si è spento all’età di 103 anni.

 

Forse l’ultimo faro di luce che attesta

l’ardore, l’impavida intelligenza e la perizia insuperabile, la tenacia e la dedizione estreme espresse in combattimento da tanti soldati italiani in terra nei mari e nei cieli e in modo insuperabile esempalata dal  già universale e intramontabile mito dei marinai della X  da Alessandria a Gibilterra a Malta, con l’estremo sacrificio di Teseo Tesei e dei suoi uomini, e dei sommergibilisti,  con il postumo e purificatore suicidio  dell’asso Carlo Fecia di Cossato. O con i soldati di tutte le armi e specialità  nell’eroica disfatta di El Alamein e con i piloti della caccia e … di coloro i quali ardirono andare a bombardare i pozzi petroliferi inglesi nel golfo persico.

Tante, tantissime pagine di storia seppellite dalla codardia e dall’insipienza morale di uomini assolutamente insignificanti, se non fosse stato e non fosse per la selvaggia e iconoclasta trivialità che li ha contraddistinti e li contraddistingue. Uomini che hanno precipitato la Nazione nel baratro del  disonore, quel disonore che a loro ancora viene sbattuto in faccia  non appena vanno oltre le frontiere nazionali, e dello sradicamento sistematico della memoria di un popolo. Uomini che hanno idolatrato i vincitori e indebitato cinque intere generazioni, per tutto il nuovo secolo, nel costo incontenibile delle folli ruberie, costo spacciato come incredibile, necessario onere del funzionamento della “democrazia”. Uno scempio ininterrotto che dura dal momento del tradimento di Cassibile, tradimento  di un re e di un’accolta di gentaglia che mai ci ha detto per chi morivano i soldati italiani che sulla piana di Gela e nelle retrostanti linee sino in Calabria e ancora più in su contrastavano lo sbarco angloamericano. Per chi morivano i marinai della flotta salpata per contrastare lo sbarco ad Anzio e … attaccata dagli “alleati” germanici alle Bocche di Bonifacio  e … consegnata ai nemici.

Abbiamo da ricostruire per intero l’Italia, a partire dal 1943, liberandoci innanzitutto dalla criminale, traditrice  e mafiosa partitocrazia del CLN e della sua settantennale disgregatrice azione, per ridare a un popolo la propria dignità, assieme alle proprie colpe e ai propri errori.

Gli atti di eroismo dei nostri soldati oggi non servono ad esaltarci ma per ridare fiamma a una volontà, a un’intelligenza e a una coscienza mortalmente vilipese.

 

X mas equipaggi dei slc maiali
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PAGINE DI DIARIO 1940-1945 di Emilio Bianchi

Spazio a cura di Nhmem
Messaggioda Tommaso.ROMANO » 04/10/2012, 21:10

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PAGINE DI DIARIO 1940-1945 di Emilio Bianchi

con note e parerghi di Ferruccio Bravidi: Silvano Valenti

1..–..PRESENTAZIONE delle due prime edizioni del volume (relatore: il coautore F. BRAVI) in più sedi di associazioni combattentistiche e d’arma delle province di Bolzano e Trento negli anni 1996 e 2000. Il testo è tratto dalle rispettive registrazioni e aggiornato alla ristampa della terza (a. 2008) edita nel corrente anno 2012 dalla Pezzini di Viareggio.
Presentare un libro è fuori moda. L’incalzare del progresso ha ricacciato in retrovia le pagine stampate: la TV, la navigazione in rete, il DVD e altro ancora monopolizzano l’informazione e la gente comune non ama più la lettura. In un sonetto del poeta vernacolare Belli un forbito predicatore ammoniva i fedeli con la pia esortazione: “I libri non son roba da cristiani / figli, per carità, non li leggete!” Mai come oggidì fu osservato con altrettanto scrupolo questo precetto.
Un libro che merita comunque d’essere letto è Pagine di diario 19401945 – Memorie di guerra e di prigionia di un operatore dei mezzi d’assalto. L’autore, ben noto soprattutto in Lucchesia, è EMILIO BIANCHI Medaglia d’Oro al Valor Militare, protagonista della leggendaria missione compiuta nel porto di Alessandria d’Egitto dagli uominisiluro della Decima Mas nel corso del secondo conflitto mondiale. Per giudizio unanime quella missione fu la più fortunata: “In una sola notte il potere navale nel Levante Mediterraneo si capovolgeva in senso sfavorevole agli Alleati. Si dubita che mai, nella storia navale del mondo, sei soli uomini siano riusciti a determinare una distruzione così risolutiva”. Il testuale non è retorica patriottarda degli “anni ruggenti” ma equanime riconoscimento dell’avversario, espresso dall’ufficiale del Servizio Informazioni britannico Frank Goldsworthy. Il Diario di Bianchi è piano e scorrevole, si lascia leggere: in questo suo unico libro l’autore ha dato prova di talento narrativo. Il testo è tutto di sua penna e l’intervento del curatore dell’edizione, Ferruccio Bravi, non è andato oltre il cauto consiglio e qualche occasionale suggerimento d’ordine stilistico. Bravi, di suo, ha redatto il commen to e l’apparato critico oltre che la composi zione grafica, prestazione umile eppure gratificante. Dal reciproco aiuto, lui che in guerra non fu marinaio ma semplice fante, ha tratto profitto nella stesura del commento e delle note. Bianchi è uomo di mare venuto dal monte: tiene del macigno, è padrone di sé nelle situazioni difficili e di estremo rischio. A convalidare questo giudizio basti un solo particolare della sua avventura.
Nella notte di Alessandria, fra le ostruzioni del porto, il suo mezzo d’assalto si blocca per un appiglio e l’esito dell’azione sembra compromesso. Ebbene, Bianchi non si sgomenta, non dispera, ha solo un moto di rabbia, si ribella alla prospettiva del fallimento a un passo dalla preda: raccoglie le sue forze e assesta l’energico scrollone che libera il mezzo. E quando, al termine dell’azione, si trova sotto le lame dei proiet tori nemici che lo inquadrano, egli resta immoto sull’acqua per lunghi minuti a riflettere calmo “sul da farsi” benché nella situazione in cui si trova saranno comunque gli altri a decidere.
Non meno degli altri incursori, Emilio Bianchi è un signore, nel senso tradizionale del termine. La severa scuola di Bocca di Serchio temprava il carattere non solo militarmente: da quella scuola usciva no non soltanto eroi, ma uomini versatili degni della Rinascenza, uomini superiori anche per virtù civili, come se li sognava il pensatore Nietzsche, nella sua lucida follia: impavidi innanzi al nemico, generosi verso gli altri, onesti con se stessi, cortesi sempre.
Chi si è formato in quella scuola le ha tutte quelle grandi virtù e, in più, se non si è montata la testa, sa anche essere semplice e schietto, modesto d’una modestia spontanea che ti ridimensiona, che ti obbliga a darti una regolatina. La boria è caratteristica dei dappoco e la semplicità è dote dell’uomo che vale. Leonardo da Vinci soleva dire che “La spica vòta leva la testa al sole, la spica piena china la testa verso la terra sua madre”. Sappiamo che Leonardo, nostro sommo scienziato, intendeva il senso nobile della vita umana. Il suo Uomo Vitruviano, circoscritto nel cerchio e nel quadrante, è simbolicamente nudo, è spoglio delle vanità del mondo e dei bassi istinti. Oggi che l’istinto e la vanità hanno sommerso i grandi valori l’Artista traccerebbe il cerchio con minor raggio, circoscrivendo la bocca, il ventre e l’inguine. All’esterno del cerchio resterebbe tutto ciò che conta poco o nulla nell’attuale civiltà dei consumi: il sapere, il vedere, il moto degli arti (salvo il dito puntato sul prossimo o pigiato sui tasti del giocattolone chiamato ‘computer’). Ed è lì, fuori del cerchio che si risiedono e si riconoscono i valori epici degli assaltatori e la saggezza antica fondata sul “Cogito ergo sum”. Per la saggezza moderna vale il “Digito, ergo sum”.
Tornando al tema la Medaglia d’Oro Bianchi fra i tanti pregi acquisì anche quello di narratore. L’amico Bravi ricorda che una quindicina d’anni fa gli disse quasi per gioco: “Dài, Emilio, butta in carta i tuoi ricordi di guerra e di prigionia”. Lui, restio, si schermiva. Forse il tono del discorso lo infastidiva. L’amico mise il bemolle in chiave e, con una punta di malizia, insistette:”Devi farlo: non per te, ma per gli altri. Le azioni di Gibilterra e di Alessandria sono nella Storia. Sono patrimonio morale del nostro popolo, appartengono alle generazioni venture. La nostra discendenza le deve conoscere, se non per altra ragione, per non doversi vergognare di tutto quel che è accaduto poi…». Il suo fu un discorsino suadente, e sotto sotto c’era un innocente ricatto. Emilio ci pensò alquanto, poi decise.
Bisognava vederlo lavorare l’estate nella sua cantinetta, un cubattolo fresco e tranquillo dove si accedeva per una scaletta di ferro e dava proprio l’idea d’una cambusa: là sotto, seduto ad un piccolo tavolo fra le damigiane, riempiva tranquillo con la sua scrittura pulita, un po’ spigolosa, dei grandi fogli quadrettati che poi passava a Bravi per le note e la composizione grafica. Non che lo scrivere fosse per lui un diversivo di tutto riposo e senza rinunce: anzi, aveva messo da parte qualche svago innocente, più d’una partita di bocce in pineta, dove si ritemprava negli afosi pomeriggi d‘estate.
Il racconto di Emilio è una confessione limpida, senza vanagloria né vittimismo. Seguendolo passo passo anche l’amico acquisì la stoffa del narratore e non sfigurò nel Commento. Le sue cognizioni militari erano limitate a esperienze di guerra da fante affardellato, ma nella circostanza egli acquisì non soltanto il senso della misura e lo stile del narratore, ma anche una scorta di cognizioni marinare necessarie alla stesura del Commento e del corredo di note che andava digitando al “computer”.
Si suol dire “Libri sua fata habent”: i libri hanno un loro destino, una loro sorte buona o cattiva. Il Diario di Bianchi ebbe un destino splendido: la prima edizione smaltita in un anno seguita da una ristampa e da una seconda edizione in breve tempo esaurite. Una terza edizione, ridotta, fu stampata a insaputa degli autori e dell’editore Pezzini di Viareggio da una editrice milanese e venduta online dalla Hoepli, una delle più prestigiose case librarie italiana.
Sulla scia del successo del Diario Bravi ha pubblicato una rielaborazione ampliata e aggiornata del Commento, un volume alquanto smilzo di 150 pagine stampato dalla Tipografia editrice “La Reclame” di Tren
to. Vi sono esposte in generale le azioni dei mezzi d’assalto della Decima Mas. Oltre che di Emilio Bianchi vi si parla di Teseo Tesei ingegnere ufficiale del Genio Navale che progettò, costruì e pilotò il siluro a lenta corsa da lui chiamato “maiale” per la sua forma inelegante. E con quell’ordigno di micidiale potenza saltò in aria nella sfortunata e pur gloriosa incur sione nel porto di Malta nel 1941. Accanto a lui si colloca la figura mistica di Salvatore Todaro, leggendario eroe del cielo e del mare. Invalido per un incidente di volo poteva ritirarsi a casa sua in pantofole e godersi una pensione privilegiata, ma lui la cosiddetta guerra “non sentita” la sentiva: passò ai sommergibili e mandò a picco in Atlantico 30.000 tonnellate di naviglio americano. Poi compì 13 missioni di guerra coi mezzi d’assalto nel Mar Nero e sul finire del ’42, rientrando da una missione contro gli invasori in Algeria fu ucciso da un mitragliamento aereo.
Vi si parla ancora di tre Medaglie d’Oro istriane: Licio Visintini dilaniato nel porto di Gibilterra nel tentativo di assalire una corazzata inglese, e due compagni di Bianchi affondatori di una seconda corazzata inglese nel porto di Alessandria. Con loro sono ricordati altri dieci operatori di mezzi d’assalto dalmati e giuliani a difesa della Patria e in particolare delle loro terre insidiate dagli slavi. Uno di loro, Antonio Marceglia formulò una profezia purtroppo avverata: “Per noi giulianodalmati una guerra persa sarà sempre una guerra persa due volte”.
Dal Comandante della Decima all’operatore più basso in grado – quale fu l’istriano Schergat – ciò che rende meravigliosa la tempra di questi eroi è soprattutto il loro stoicismo nel rassegnarsi alla morte o alla prigionia pur di infliggere all’avversario il massimo danno materiale. Esponevano la loro vita e risparmiavano la vita altrui: su una trentina di assaltatori decorati di Medaglia d’Oro più di un terzo si immolarono nell’azione, senza causare perdite umane in campo avversario, salvo due sentinelle inglesi (una a Malta, l’altra a Gibilterra) annegate per loro balordaggine. La guerra è deprecabile, d’accordo, anche quando è sacrosanta e quindi necessaria, secondo un equo giudizio di Tito Livio. Ma c’è modo e modo di guerreggiare. I Romani definivano lo scontro armato col termine BELLUM, da DUELLUM, vale e dire scontro cavalleresco ad armi pari. Con le invasioni barbariche penetrò anche in Italia il termine germanico WERRA che significava “mischia disordinata”, sporca guerra con strage e saccheggio. Adesso la guerra è più sporca che mai: è aggressione a scopo di rapina (e non solo di petrolio), mena stermini orrendi, soggioga i popoli al sistema del vincitore, toglie loro l’indipendenza. Ed è regola che i sovrani o capi di governo sconfitti siano indiscriminatamente assassinati, anziché essere civilmente processati e condannati.
Tornando al passato che, come ogni tempo, ha le sue ombre ma anche le sue luci, dobbiamo dare a ciascuno il suo: il comportamento civile oltre che eroico di Bianchi e degli altri uominisiluro è edificante e, per contro, bisogna riconoscere che anche l’avversario in determinate circostanze dimostrò senso d’onore e sentimento di umanità, almeno nei confronti del nostri prigionieri. Dal racconto di Bianchi sappiamo che i detentori inglesi erano gentiluomini, rispettavano la dignità della persona umana, almeno quando l’internato meritava rispetto. Questo non alleviava tuttavia le sofferenze connesse alla condizione del prigioniero, privato della libertà che per l’Uomo degno di questo nome è un bene supremo. Nella memoria di Bianchi e in una cinquantina a dir poco di pubbli cazioni in argomento, troviamo pagine e pagine stillanti dolore e nostalgia, pagine su pagine che vanno ad aggiungersi al gran libro dei sacrifici d’una guerra perduta.
“Sacrifici inutili ” dicono e ripetono da stuccare coloro che in guerra non ci sono stati. Emilio Bianchi c’è stato e almeno lui, a buon diritto, avrebbe dovuto porre la domanda: “A che è valso il nostro sacrificio?” La risposta è nel testamento spirituale dell’eroe istriano Licio Visintini, l’uomosiluro immolatosi a Gibilterra lottando e sfidando la morte che dà “alle nostre anime la pace eterna dopo una vita impiegata coscienziosamente al servizio della Patria”. Visintini morì giovane, Bianchi reduce di una impresa non meno rischiosa fu risparmiato e ora compie i cento anni. Nel sacrificio supremo servendo un ideale supre mo l’eroe di Gibilterra sovrasta l’eroe di Alessandria ma non ne oscura la fama. Sacrificio è termine bandito dalla coscienza collettiva attuale. Eppure, nessun sacrificio è vano, neanche nel deserto che ci circonda. E il ricordo degli eroi che hanno immolato o rischiato la vita per servire un ideale è l’unico testimone che possiamo passare alle future generazioni.
2..–..IL COMANDANTE – Nel volume Un po’ fuori del mondo e del tempo… di FERRUCCIO BRAVI è tracciato – con dettagli ignorati o taciuti dall’informazione conformistica – il profilo biografico di una Medaglia d’Oro che alla nobiltà di sangue unisce una sublime nobiltà d’animo, un ardimento, una generosità, una ret titudine esemplari: il Principe IUNIO VALERIO BORGHESE, Comandante interinale e poi effettivo della Decima Flottiglia Mas. A bordo del leggendario sommergibile “Sciré”, fra innumerevoli insidie, accompagnava gli arditi del mare in vista degli obiettivi nei porti del Mediterraneo. Era oggetto di ammirazione degli stessi arditi del mare che ne apprezzavano il coraggio, l’intelligenza e la profonda umanità.
È retaggio regale far bene ed essere vittima di cattiva fama: così fu per il Comandante esaltato a suo tempo e, per contro, emarginato ed infamato nel clima di guerra civile che dalla disfatta del 1945 divide gli animi degl’italiani. Calunnia e fango a non finire oltraggiano questa figura meravigliosa che, dal vertice all’ultima recluta della Decima Flottiglia Mas, aveva fatto di essa la punta di diamante delle nostre Forze Armate nella guerra sciaguratamente perduta. I calunniatori lo hanno chiamato “Principe Nero”, l’hanno marchiato di fascismo con implicita licenza di eliminarlo anche fisicamente, l’hanno incolpato di stragi inesistenti e incrimina to come “golpista”. In un opuscolo a lui dedicato – Squarci di controstoria: il Principe Junio Valerio (Lucca, 2004) – il Bravi ha smentito i denigratori documentando la verità: il Comandante Borghese fu Italiano e basta. Italiano esattamente come me, nel mio piccolo, se è lecita una comparazione: Lui per nobiltà e ardimento, io per obbligo morale verso i miei antenati garibaldini e irredentisti trentini. Borghese fu semplicemente italiano, non fascista, né antifascista; e oppose la sua caparbia italianità ai nazisti che l’avver savano e meditavano, non meno dei terroristi partigiani, di assassinarlo all’americana.
Diciamo pane al pane e vino al vino: il voltafaccia dell’8 settembre mutò un alleato antipatico e arrogante in nemico invasore dal nord e in “liberatore”un nemico invasore dal sud. L’ex alleato, che ci accusava di tradimento, tradì a sua volta gl’italiani che non avevano tradito e l’ex nemico alla resa dei conti ce la fece pagar cara privandoci dell’Indipendenza nazionale, conseguita con enormi sacrifici, e di estesi lembi di italianissime terre. Dopo l’infausto otto settembre ognuno di noi soldati dové fare una scelta comunque balorda. Quanto quella medievale imposta dal duca di Milano ai messi del Papa: o mangiare o bere, o ingollare la bolla di scomunica o morire affogati. Come pote va scegliere Borghese? Da nobile qual era non poteva mancare alla parola data all’alleato, ma nemmeno sottomettersi. Pro seguì la guerra per conto suo come un capitano di ventura e ne pagò le conseguenze: fu esposto al fuoco dei tedeschi e dei partigiani e fu arrestato per ribellione alla Repubblica del Nord; all’opposto versan te dell’Italia divisa l’eroico comandante Fecìa di Cossato, fedele alla Monarchia aveva scelto il Regno del Sud, ma non sopportando l’umiliante occupazione “alleata” e si tolse la vita. Quanto all’accusa di aver ordito un “golpe”, oltre che infondata, è tutta da ridere. Come ben sappiamo proprio allora la miserabile Prima repubblica era ormai così marcia che si disfece per implosione di lì a poco; e il Principe, morto in esilio, fu scagionato del tutto – come ben pochi sanno – da una tardiva sentenza d’una Cassazione non ancora allineata al Sistema. Assai prima di certa “giustizia” che marcia a tempi ora immediati ed ora esasperanti, che giudica e manda secondo il colore, il Comandante l’ho assolto io in chiusura d’un breve articolo in sua difesa, affermando che Egli era della stessa nobile razza di Gabriele D’Annunzio del quale seguia il motto “Ardisco, non ordisco”.
PAGINE DI DIARIO 19401945
MEMORIE DI GUERRA E DI PRIGIONIA DI UN OPERATORE DEI MEZZI D’ASSALTO DELLA MARINA MILITARE ITALIANA
NOTE E COMMENTO
DI FERRUCCIO BRAVI
REFERENZE:
Pezzini Editore, Arti Grafiche “Mario e Graziella Pezzini”, Viareggio, – p.e. www.pezzinieditore.it
Dott. F.Bravi, direttore del Gruppo di studio “Auser”, via Gramsci 115, 55049 Torre del Lago Puccini (Lu) – cell. 348.6001618 – p.e. silvalentauser@hotmail.it
Segreteria del Gruppo di Studio “Auser” p. Sandro Righini, via Valenzana di Sotto, 89, 55059 Bozzano (Lu) – tel. 0584.939552 – p.e. righini.sandro@gmail.com
RICCAMENTE ILLUSTRATO CON FOTO, DISEGNI E CARTINE B/N – IN BROSSURA ED. 2010, 272 PP.
Edizione SARASOTA, diffusa online dalla HOEPLI – Cod. 5987
prezzo di copertina: euro 25,00
(COMMISSIONE ONLINE:/www.hoepli.it/titoli.asp?autore=bianchi+emilio&mcs=0)
UN ARDITO DEL MARE
Settantadue anni fa – il 10 giugno 1940 – l’Italia interveniva nel secondo conflitto mondiale. Nell’anniversario di questo evento determinante per le sorti della nostra Patria, il GRUPPO DI STUDIO ‘AVSER’ di Torre del Lago presenta la recente edizione d’un volume di ampio consenso (ben tre edizioni e due ristampe) sulle epiche gesta degli operatori dei mezzi d’assalto della Marina:
PAGINE DI DIARIO 1940 1945
MEMORIE DI GUERRA E DI PRIGIONIA DI UN OPERATORE
DEI MEZZI D’ASSALTO DELLA MARINA MILITARE ITALIANA
AUTORE: EMILIO BIANCHI. COMMENTO E NOTE DI FERRUCCIO BRAVI
L’autore, Medaglia d’Oro al V.M., fu uno dei protagonisti del leggendario attacco alla base di Alessandria che senza spargimento di sangue inflisse alla flotta inglese gravissime perdite. La lezione del passato, si voglia o no, regola il nostro divenire e giova a migliora re la nostra condotta di individui e di cittadini italiani.
Soprattutto nelle avverse vicende giova mantenere vivo e saldo il ricordo di quanti con l’esempio, il valore e il sacrificio hanno tenuto alto l’onore della nazione. Termini come «ideale» ed «eroismo» – demagogicamente emarginati – recuperano il significato perduto e infondono coraggio in questi tempi così bui per l’Italia.
Sul verso della pagina, per invito alla lettura, è riprodotto il testo in apertura del Diario di Bianchi.
DATI BIBLIOGRAFICI: E. BIANCHI, Pagine di diario 19401945, in 8°, pagine 336, prezzo di copertina euro venti. Un ristretto numero di copie è ceduto, ad esaurimento, al prezzo scontato di euro quindici, inclusa spedizione, al destinatario di questo volantino.
Per informazioni contattare:
SANDRO RIGHINI – Segretario del G.d.S.Auser – Via Valenzana di Sotto, 89 55050 BOZZANO (LU) – TEL, 0584/939552 – p.e. righini.sandro@gmail.com
I primi di giugno del lontano 1940 sono lucidamente impressi nella mia memoria. A Bocca di Serchio, dove mi trovo da circa un anno, il tempo è radioso. La stagione è splendida e mite come di solito nel tratto di litorale fra Pisa e La Spezia quando non piove, perchè se piove vien giù che Iddio la manda e si dimentica di smettere. Qui, dove vivo tuttora con i miei ricordi e ripasso le pagine del mio diario, la primavera non conosce le mezze misure. E anche la gente è fatta così: ti è amica o ti è nemica, è di poche parole o più spesso di una loquacità che ti fa pensare a quando diluvia e l’acqua tracima dai fossi.
Qui si respira aria salubre, aria salmastra; e purtroppo anche aria di guerra. Per intanto la guerra è ancora lontana, di là dalle Alpi, oltre il Reno in terra di Francia. La gente ne parla come fosse una cosa normale, senza toni drammatici. Un po’ è la primavera che infonde ottimismo, un po’ è l’assuefazione. Perchè questo strano conflitto non è “scoppiato”, come si suol dire, ma è cominciato in sordina esattamente otto mesi fa ed è proseguito in modo discontinuo; e la gente, sia che i tedeschi avanzino a valanga con la loro guerralampo, sia che temporeggino fra pigre manovre e scaramuc ce, trova sempre delle buone ragioni per sperare in una imminente conclusione. I più pensano che la guerra ci risparmierà e se al limite ne saremo coinvolti, per via dei patti che ci impegnano con la Germania di Hitler, be’, non sarà un’avventura lunga e tragica come la ’15’18. Così la pensano da queste parti. Non so se nelle grandi città sono altrettanto ottimisti: le mie sono impressioni raccolte fra gente alla buona in un paese prossimo alla base d’addestramento, a Torre del Lago, dove ho una fidanzata giovane e attraente per i suoi vent’anni e vari progetti in fresco per l’avvenire.
Ma qui a Bocca di Serchio, dove sono mobilitato come sottufficiale operatore nei Mezzi di assalto della Regia Marina, tira una aria un po’ diversa. Avvertiamo l’avvicinarsi dell’ora solenne, anzi fatidica, come si legge nei giornali. Sappiamo che la guerra “breve o lunga che sia” non sarà una scampagnata, sarà una cosa seria. Addestrati come siamo al limite della resistenza fisica e setacciati a dovere da una severa selezione , siamo disincantati, alieni da illusioni, sogni, o propositi avventati.
Emilio Bianchi
UN ARDITO DEL MARE
Settantadue anni fa – il 10 giugno 1940 – l’Italia interveniva nel secondo conflitto mondiale. Nell’anniversario di questo evento determinante per le sorti della nostra Patria, il GRUPPO DI STUDIO ‘AVSER’ di Torre del Lago presenta la recente edizione d’un volume di ampio consenso (ben tre edizioni e due ristampe) sulle epiche gesta degli operatori dei mezzi d’assalto della Marina:
PAGINE DI DIARIO 1940 1945
MEMORIE DI GUERRA E DI PRIGIONIA DI UN OPERATORE
DEI MEZZI D’ASSALTO DELLA MARINA MILITARE ITALIANA
AUTORE: EMILIO BIANCHI. COMMENTO E NOTE DI FERRUCCIO BRAVI
L’autore, Medaglia d’Oro al V.M., fu uno dei protagonisti del leggendario attacco alla base di Alessandria che senza spargimento di sangue inflisse alla flotta inglese gravissime perdite. La lezione del passato, si voglia o no, regola il nostro divenire e giova a migliora re la nostra condotta di individui e di cittadini italiani.
Soprattutto nelle avverse vicende giova mantenere vivo e saldo il ricordo di quanti con l’esempio, il valore e il sacrificio hanno tenuto alto l’onore della nazione. Termini come «ideale» ed «eroismo» – demagogicamente emarginati – recuperano il significato perduto e infondono coraggio in questi tempi così bui per l’Italia.
Sul verso della pagina, per invito alla lettura, è riprodotto il testo in apertura del Diario di Bianchi.
DATI BIBLIOGRAFICI: E. BIANCHI, Pagine di diario 19401945, in 8°, pagine 336, prezzo di copertina euro venti. Un ristretto numero di copie è ceduto, ad esaurimento, al prezzo scontato di euro quindici, inclusa spedizione, al destinatario di questo volantino.
Per informazioni contattare:
SANDRO RIGHINI – Segretario del G.d.S.Auser – Via Valenzana di Sotto, 89 55050 BOZZANO (LU) – TEL, 0584/939552 – p.e. righini.sandro@gmail.com
I primi di giugno del lontano 1940 sono lucidamente impressi nella mia memoria. A Bocca di Serchio, dove mi trovo da circa un anno, il tempo è radioso. La stagione è splendida e mite come di solito nel tratto di litorale fra Pisa e La Spezia quando non piove, perchè se piove vien giù che Iddio la manda e si dimentica di smettere. Qui, dove vivo tuttora con i miei ricordi e ripasso le pagine del mio diario, la primavera non conosce le mezze misure. E anche la gente è fatta così: ti è amica o ti è nemica, è di poche parole o più spesso di una loquacità che ti fa pensare a quando diluvia e l’acqua tracima dai fossi.
Qui si respira aria salubre, aria salmastra; e purtroppo anche aria di guerra. Per intanto la guerra è ancora lontana, di là dalle Alpi, oltre il Reno in terra di Francia. La gente ne parla come fosse una cosa normale, senza toni drammatici. Un po’ è la primavera che infonde ottimismo, un po’ è l’assuefazione. Perchè questo strano conflitto non è “scoppiato”, come si suol dire, ma è cominciato in sordina esattamente otto mesi fa ed è proseguito in modo discontinuo; e la gente, sia che i tedeschi avanzino a valanga con la loro guerralampo, sia che temporeggino fra pigre manovre e scaramuc ce, trova sempre delle buone ragioni per sperare in una imminente conclusione. I più pensano che la guerra ci risparmierà e se al limite ne saremo coinvolti, per via dei patti che ci impegnano con la Germania di Hitler, be’, non sarà un’avventura lunga e tragica come la ’15’18. Così la pensano da queste parti. Non so se nelle grandi città sono altrettanto ottimisti: le mie sono impressioni raccolte fra gente alla buona in un paese prossimo alla base d’addestramento, a Torre del Lago, dove ho una fidanzata giovane e attraente per i suoi vent’anni e vari progetti in fresco per l’avvenire.
Ma qui a Bocca di Serchio, dove sono mobilitato come sottufficiale operatore nei Mezzi di assalto della Regia Marina, tira una aria un po’ diversa. Avvertiamo l’avvicinarsi dell’ora solenne, anzi fatidica, come si legge nei giornali. Sappiamo che la guerra “breve o lunga che sia” non sarà una scampagnata, sarà una cosa seria. Addestrati come siamo al limite della resistenza fisica e setacciati a dovere da una severa selezione , siamo disincantati, alieni da illusioni, sogni, o propositi avventati.
Emilio Bianchi
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17095
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I mezzi della “Decima” 3 Dicembre 2009 Edizioni Lo scarabeo Neri Sergio Decima flottiglia  nostra… I mezzi d’assalto della marina italiana dopo l’armistizio   Argomento:  marina militare italiana   guerra mondiale 1939-1945 Collana:  Documenti per la storia Pagine: 480, € 28,50   ISBN: 8884781159 ISBN-13: 9788884781154 L’autore, che…
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X MAS, il foglio informativo di una storia che non finisce 28 Luglio 2009 Fonte: Associazione Culturale Decima Flottiglia M.A.S. X MAS: NON DIMENTICARE MAI LE RAGIONI DI UNA SCELTA, PER L’ITALIA E PER L’ONORE                                                                                                      LA “DECIMA” PRESERVO’ L’ESISTENZA DI APPARATI INDUSTRIALI E PREVENNE SVOLGIMENTI ED ESITI ANCORA PIU’ FEROCI DELL’OCCUPAZIONE TEDESCA DETTATA…
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Malta – Pachino. Il lembo estremo dell’Italia sud – orientale. Una pagina di storia moderna e contemporanea 28 Luglio 2014 Fonte: Ciao.it Nota di Domenico Cambareri           Gli italiani dell’arcipelago maltese non sono stati ancora in grado di ripristinare l’uso della loro lingua madre, bandita dall’insegnamento dagli sfruttatori inglesi nel 1933. Non sono stati neppure…
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Addio al “palombaro eroe” Emilio Bianchi, ultimo incursore …
www.repubblica.it/…/muore_l_ultimo_incursore_di_alessandria-121085…
  • Copia cacheAddio al “palombaro eroe” Emilio Bianchi, ultimo incursore di Alessandria d’Egitto … L’epopea della X Mas e il rispetto della Royal Navy.
 

Emilio Bianchi (incursore) – Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Bianchi_(incursore)
Emilio Bianchi (Sondalo, 22 ottobre 1912 – Torre del lago, 15 agosto 2015) è stato un militare italiano. Prestò servizio come operatore nella Xª Flottiglia MAS …Mancanti: mo
Addio all’incursore Emilio Bianchi, 103 anni, ultimo …
www.ilmessaggero.it/…incursore_emilio_bianchi…/1517916.shtml
PLAY FOTO Addio a Emilio Bianchi, l’ultimo superstite dell’impresa nel …. dal 1932 e quindi palombaro incursore nella XMas, e De La Penne, …
 

[PDF]005 editoriale – X MAS
www.associazionedecimaflottigliamas.it/pdf/eroismo.pdf
porto di Alessandria d’Egitto, i sei incursori Luigi Durand de La Pen- ne, Emilio Bianchi, Antonio Marceglia, Spartaco Schergat, Vincenzo. Martellotta e … esito finale positivo appose i propri esplosivi a poppa e a prora della mo– tonave Orion …

Neuropa Propaganda | Facebook
https://it-it.facebook.com/pages/Neuropa…/471079232936811
  • Copia cache  Auguri al sergente Emilio Bianchi, incursore della X mas
[PDF]rivista 09/10 2011 – Unuci
www.unuci.org/Sito/rivista/Rivista%202011/Unuci_09_10_2011.pdf
09 ott 2011 – essere contenuti in max due cartelle di 30 righe ciascuna; …. tempi, potrebbe pensare qualcuno, altri uomini, un diverso mo– ….. Antonio Marceglia, il capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta, e i sottufficiali Emilio Bianchi, Spartaco …. Incursori della X MAS, allora comandata dal Capitano di Frega-.
SERGIO NESI, Leone della X MAS – avserini pro italica patria
gsavser.blogspot.com/2014/01/sergio-nesi-leone-della-xmas.html
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13 gen 2014 – 6 Emilio Bianchi, Pagine di diario 1940-1945. … Decima con Nino Sauro e la M.O. istriana Marceglia, emissario di De Courten; ma sull’Alto Adige, … della Marina Militare e in particolare, come li chiamano ora, degli “incursori“.

[PDF]Leggi il resoconto della spedizione – Iantd Expeditions

www.iantdexpeditions.com/spedizioni/sc2008/resocontoRU.pdf

mo comandante, per un brevissimo ….. prova il morale degli incursori, ma tutti … baro Emilio Bianchi, ebbe una sorte ….. Station X dell’Intelligence Service, du-.

Fucilazione camerati X MAS da parte degli angloamericani e storia …
www.questionemaschile.org › … › Off Topic › Off Topic

04 ago 2013 – Per il Re e per la bandiera per la X Flottiglia MAS[1] … simpatia per il nascente gruppo degli incursori della Marina e la sua … di Stato Maggiore della Marina Paolo Emilio Thaon di Revel, che intuì subito il potenziale offensivo dei MAS[7]. ….. da dove vennero rimpatriati assieme a de la Penne e Bianchi[31].