Egitto e caso Regeni. L’ennesima pista fasulla. Perché i ministri dell’interno e della giustizia non si dimettono?

26 Marzo 2016

Comunicato Eulà

 

 

 

 

 

Presidente Al Sisi, salvaguardare l’onorabilità egiziana, l’amicizia con l’Italia e l’Unione Europea,

la certezza della giustizia

 

 

Nessuno, riteniamo neppure il massimo suo rappresentante, il Presidente gen. Al Sisi, ha il diritto e il potere di fare cadere nell’irrisione, nella condanna e nel dileggio internazionale l’Egitto. Nessuno ha il diritto e il potere di aggredire l’antica e indistruttibile amicizia italo-egiziana. Sia pure per il “semplice” assassinio di una sola persona, sia pure per una probabile mossa rivelatasi erronea e controproducente.
Il caso dell’assassinio del giovane Regeni, ammesso  per ipotesi che sia stato ucciso da esclusivisti islamici o da delinquenti comuni o per gelosie omosessuali, va risolto con le prove materiali e non mettendo il piombo in bocca a presunti assassini. Neppure si può addurre, alla fin fine, a parziale colpevole discolpa, che il giovane era andato oltre le attività di studente ricercatore, visto che presenziava a riunioni sindacali.
Anche se il potere del Presidente della Repubblica egiziana e del governo egiziano si basa su di un indispensabile apporto delle forze di polizia e della magistratura, oltre che delle forze armate, il Presidente Al Sisi avrà pur capito che le sempre nuove e infondate piste e prove fornite dai funzionari della polizia del Cairo e a volte fatte proprie anche dalla magistratura hanno superato ogni seno del ridicolo e costituiscono un’offesa terribile alla credibilità e alla dignità della polizia, della magistratura e dello stesso governo egiziano.
Farebbero bene sia il ministro dell’interno sia il ministro della giustizia a rassegna le dimissioni – meglio tardi che mai – dopo avere provveduto a sanzionare, denunciare, allontanare i maggiori protagonisti di queste scandalose conclusioni pseudo investigative, per evitare di far travolgere ancora di più il loro Paese da una così grande onda di sdegno internazionale. Non meno utile e, al punto di deriva a cui siamo arrivati, doverosa,  sarebbe una chiara presa di posizione delle forze politiche presenti nel parlamento egiziano.
Dato che al Cairo non possono più sperare nel classico colpo di spugna che verrebbe dato con il passare del tempo, è bene che chi è stato il regista dietro le quinte di quello che è ormai diventato uno scottante affaire internazionale, per quanto possa essere un alto personaggio, faccia spontaneamente un passo avanti o venga esplicitamente indicato dal primo ministro che guida l’esecutivo e dal Presidente della Repubblica. Da questo passo, il governo e le istituzioni egiziane non potranno che trarne credibilità e profitto politico e non potranno che rafforzare i legami con l’Italia e l’Unione Europea e con gli altri Paesi che sono sempre stati vicini al popolo egiziano. Anche all’interno dell’Egitto, ciò sarebbe inteso come un valido atto di trasparenza, di proficuo esercizio della terzietà del ruolo pubblico e di tangibile vicinanza al popolo.  Confidiamo in questo senso di previdenza e di saggezza da parte del Presidente Al Sisi.