Futuro dei giovani e recupero del passato nascosto. OBBLIGO PER MATTARELLA SENZA SE E SENZA MA E POI A CASA! Qui gli ITALIANI DI CRIMEA

20 Febbraio 2018

Fonti: IBS, Libreria Universitaria, Redazione Sociale, Amazon, Nauticareport.it, Settimo Sigillo, Blitzquotidiano.it, ilGiornale.it

 

 

Futuro dei giovani e recupero del passato nascosto.

OBBLIGO PER MATTARELLA SENZA SE E SENZA MA E POI A CASA!

… un regime pseudomoderato, dalle grottesche e farsesche apparenze democratiche ma fanatico, corrotto e corruttore, eversore, onnipervasivo, acido corrosivo che tutto distrugge;

un regime paludato adesso da “glocal”

pur di continuare nelle sue inaudite depredazioni cattolicomarxiste, tronfio e infedele si nasconde dietro la Costituzione che mane e sera da decenni e decenni pugnala con viltà estrema;

un regime che continua a coprire a 360° terribili sciagure e tragiche storie degli italiani;

un regime che nei modi più insulsi continua a sputare sui cadaveri  e sui profughi italiani vittime inermi di quei massacri e sull’onestà e sul senso civico di tanti italiani di oggi che hanno soggiaciuto e continuano a soggiacere alle nefandezze delle sue accolite e famiglie mafiose

un regime che si pone per altri indicibili guadagni al servizio di interessi stranieri…;

un regime che per mere concorrenze e speculazioni elettorali è repentinamente arrivato a superare ogni barriera sia pur minimo rispetto civile e a speculare fino allo spasmo tanto da giocare la carta dell’istigazione all’odio e alle azioni eversive e a compromettere la pacifica convivenza sociale e politica nazionale …

 

CONOSCERE LE TANTE STORIE NASCOSTE O FATTE DMENTICARE

GLI ITALIANI DI CRIMEA

 

Estratto dal Redattore sociale

L’olocausto dimenticato degli italiani di Crimea

A Kerch, in Ucraina esisteva una prospera comunità di italiani che fu deportata nei gulag durante la Seconda guerra mondiale. Ora i discendenti chiedono di poter visitare liberamente il nostro Paese

 

 

27 gennaio 2014

ROMA – Il 29 gennaio a Kerch, in Ucraina, si ricorda un olocausto quasi dimenticato. In questa città affacciata sul Mar Nero, in Crimea, esiste una comunità di italiani. La loro è una vicenda travagliata. Nel 1942 subirono una drammatica deportazione, i loro documenti furono distrutti, cancellate le loro origini. Tanto che il nostro paese non li riconosce e non possono ritornare in Italia. A loro è dedicato un articolo a firma Danilo Elia pubblicato da Popoli.
Gli italiani sono in Crimea dal tempo delle Repubbliche marinare, ma è in epoca moderna che arrivarono gli avi dei nostri connazionali che oggi vivono a Kerch. Venivano soprattutto dalla Puglia, per cercare fortuna nel lontano Est: da Bisceglie, Molfetta, Trani… Quando arrivarono c’era ancora lo zar e la comunità crebbe in fretta. Nel 1920 erano il 2% della popolazione. I problemi cominciarono con la Rivoluzione d’Ottobre. “Espropriati della terra e privati della possibilità di professare la propria fede” molti italiani ritornarono in patria. Quelli che rimasero furono russificati a forza: impossibilitati a parlare italiano e costretti a cambiare i cognomi.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la situazione precipitò. Gli italiani di Crimea furono considerati automaticamente nemici e fascisti e deportati nei gulag in Siberia e Kazakistan. La comunità di Kerch fu cancellata. Dopo la fine del Grande Terrore con Krusciov i prigionieri vennero liberati ma moltissimi erano morti per le condizioni estreme dei lager. 
Una lotta contro l’oblio. Il 29 gennaio di ogni anno si ricorda il giorno in cui iniziarono le deportazioni. La comunità si ritrova sul pontile da cui salparono le navi cariche dei loro avi per gettare un garofano in mare. A Kerch di italiani ne sono rimasti pochi, non  più di 500. “Molti di noi non sono mai stati in Italia, eppure …
il testo completo sul Redattore Sociale
Il libro. Giulia Giacchetti Boico da anni si occupa di ricostruire la storia della sua gente. Insieme a Giulio Vignoli, docente dell’Università di Genova, ha scritto il libro L’olocausto sconosciuto. Lo sterminio degli italiani di Crimea (Edizioni Settimo Sigillo, 2009).
Giulia Giacchetti Boiko e di Giulio Vignoli, “L’olocausto sconosciuto. Lo sterminio degli Italiani di Crimea” per le edizioni Settimo Sigillo di Roma  (ordini@libreriaeuropa.it), via Santamaura 15  00192 Roma, tel. 06/39722155.  Nel volume sono descritti ampiamente gli eventi terribili che nulla hanno da “invidiare” all’Olocausto ebraico.   Il volume costituisce l’edizione italiana della precedente pubblicazione edita a Kerch, in Ucraina, nel 2007, anche in lingua russa e ucraina.

***

Il genocidio dimenticato. Italiani di Crimea

Era come un nuovo Eldorado: clima mite, terre fertili, mari pescosi. E così, per affrancarsi dalla miseria, nell’Ottocento migliaia di italiani – quasi tutti pugliesi – accolsero l’invito dello zar e partirono per la Crimea stabilendosi in prevalenza nella città portuale di Kerc. La nostra comunità si inserì perfettamente nel tessuto locale e, in pochi decenni, divenne una delle più ricche e ammirate grazie alle sue grandi capacità imprenditoriali e commerciali. Poi arrivò la Rivoluzione d’Ottobre. I più lungimiranti tornarono in Italia, per gli altri fu l’inizio del calvario. Terreni, macchinari agricoli, capi di bestiame, piccole fabbriche, botteghe, osterie, pescherecci, case: con la collettivizzazione fu tutto requisito. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Prima le carestie, tra il ’29 e il ’33, con le famiglie decimate dalla fame. Poi, nel ’37-’38, le purghe staliniane, coi processi sommari e le condanne a morte o ai lavori forzati. Infine, una vera e propria pulizia etnica pianificata a tavolino: per il solo fatto di essere italiani, il 29 gennaio del 1942 i circa 2.000 connazionali di Kerc furono rastrellati casa per casa e deportati in massa nei Gulag del Kazakistan. In pochi anni la comunità italiana di Crimea fu quasi totalmente spazzata via dal freddo, dalla fame, dalle malattie, dalle condizioni carcerarie disumane e dai lavori forzati.
Editore: Libreria Editrice Goriziana
Titolo: Il genocidio dimenticato. Italiani di Crimea
Autori: Stefano Mensurati, Giulia Giacchetti Boico
Anno edizione: 2014
EAN: 9788861021723

***

 

comprati insieme:
  • L'olocausto sconosciuto. Lo sterminio degli italiani di Crimea
  • +
  • Il genocidio dimenticato. Italiani di Crimea

 

***

 

Gli ultimi italiani di Crimea. Fausto Biloslavo, il Giornale

 

Gli ultimi italiani di Crimea. Fausto BIloslavo, il GIornale

Gli ultimi italiani di Crimea. Fausto BIloslavo, il GIornale

ROMA – “Il Tricolore è tenuto come una reliquia da Giulia Giac­chetti Boico, la presidente della comunità italiana della Crimea” spiega Fausto Biloslavo in un lungo e approfondito reportage per il Giornale:

«Ab­biamo paura della guerra che potrebbe scoppiare fra Ucraina e Rus­sia o con chi non accetterà l’annessione a Mosca» spie­ga la coraggio­sa rappresen­tante dei con­nazionali più dimenticati dalla storia e dalla madre­patria. «Per questo ci ap­pelliamo alla politica e al go­verno di Roma. Chiediamo solo un cenno di solidarietà e prote­zione. Un aiuto in questo mo­mento drammatico» a nome delle 500 anime di origine italia­na perdute nei venti di guerra della Crimea. «Se cominceran­no a sparare, come ai tempi del­la nostra deportazione nel 1942, i primi che verranno a cer­care saranno le minoranze indi­fese » sottolinea Giulia.
Gli italia­ni di Crimea, emigrati nella pe­nisola oltre 200 anni fa, furono deportati in Siberia e decimati da Stalin, che li considerava una spina nel fianco durante la seconda guerra mondiale. «So­lo due giorni fa ho sentito le stro­fe della canzone di Simone Cri­sticchi sull’esodo istriano ci chiamavano fascisti, ma erava­mo italiani – racconta Giulia -Lo stesso è capitato a noi. Per questo abbiamo deciso che nel giorno del ricordo del nostro dramma la canteremo in riva al mare, dove iniziò la deportazio­ne via nave».
La cittadina è all’estremo lem­bo orientale della Crimea divisa dalla Russia da uno stretto. Sta­lin non c’è più, ma Loretta la nonna di Giulia, raccontava sempre dei soldati con la stella rossa ed i mitra spianati arrivati a casa per intimare che avevano un’ora per partire e potevano portare solo 8 chilogrammi di roba. «Era il 28 gennaio 1942 ­racconta Giulia – Li imbarcaro­no sulle navi, come bestie nelle stive, al buio. Sentivano i bom­bardamenti della linea del fron­te e pregavano Dio dicendo: “Salvaci se fra noi c’è un solo bimbo innocente come Ge­sù” ».Una nave naufragò ed il si­gn­or Ragno fu l’unico sopravvis­suto. Il peggio, però, doveva an­cora venire. A Novorossiysk gli italiani, che a Kerch erano 5mi­la, furono chiusi in carri bestia­me, come gli ebrei dell’Olocau­sto. «Il viaggio verso la Siberia durò due mesi ed ogni giorno qualcuno moriva – spiega Giu­lia riportando le parole dei so­pravvissuti – Paola Evangelista aveva tre figli maschi. Quando spiravano doveva lanciare i cor­pi fuori dal treno. L’ultimo deci­se di tenerlo in braccio, di far fin­ta con le guardie che fosse anco­ra vivo per seppellirlo decente­mente ». L’Nkvd, la polizia segreta di Stalin, come quella di Tito anni dopo, non guardava in faccia nessuno.Fra i deportati c’erano pure antifascisti riparati in Unio­ne Sovietica. «Bruno, nome di battaglia Spartaco, non voleva obbedire agli ordini. Un giorno l’hanno portato via ed è sparito – rivela Giulia- La madre, Maria, è impazzita e ha fatto la stessa fi­ne ». Si veniva giustiziati per una sciocchezza: «Due fratelli ad una sosta avevano osato pren­de­re del carbone della locomoti­va per riscaldarsi. Li hanno fuci­lati ». Natale De Martino, un so­pravvissuto, ripete sempre che «fu la deportazione più crudele. Si moriva di freddo, di fame, di stenti».
Gli italiani dalla Liguria e so­prattutto dalla Puglia, marinai o contadini, erano emigrati in Crimea ai tempi degli Zar. «An­tonio Felice Garibaldi, lo zio del­l’eroe dei due mondi costruì nel 1860 l’unica chiesa cattolica, che i comunisti hanno usato per anni come palestra- fa nota­re Giulia – Volevamo un parro­co da Roma che non è arrivato, ma il Padre nostro lo recitiamo in italiano». Lo stesso Giuseppe Garibaldi venne due volte in Crimea. I sopravvissuti alla de­portazione di Stalin «non sono mai stati riabilitati, ma hanno cominciato a tornare in Crimea alla spicciolata dagli anni Cin­quanta ». Anna e Vittoria sono due emo­zionate ventenni, che a fine me­se partiranno per Roma «a mi­gl­iorare l’italiano all’associazio­ne Dante Alighieri ». Al piano ter­ra della modesta abitazione- uf­ficio della presidente, una stan­za con lavagna, bandiera e carta dell’Italia è adibita a classe. Su un foglio A4 c’è scritto: «Qui si parla italiano». Su un alberello in cartapesta sono appesi i co­gnomi della comunità: Simone, Binetto, Bassi, De Lerno, Fabia­ni.
Il sindaco di Kerch, Oleg Vladi­mirovich, non ha dubbi: «I con­cittadini al referendum di dome­nica voteran­no per l’unio­ne con la Rus­sia. La diaspo­ra italiana non ha nulla da temere. Sot­to Mosca ver­rà rispettata e vogliamo stringere rap­porti con Bari da dove sono arrivati tanti vostri conna­zionali ».L’am­basc­iata italia­na a Kiev è vici­na alla comu­nità in questi giorni dram­matici, che ve­dranno cam­biare la carta dell’Europa. «La situazio­ne è esplosi­va » ed i super­stiti della tra­gedia dimenti­cata chiedono a Roma «prote­zione umani­taria o un per­messo di sog­giorno di lun­ga durata. Gli anziani vor­rebbero rive­dere l’Italia ed i più giovani, se la situazione peggiorasse, potreb­bero chiedere la cittadinanza». Nella tempesta fra Est e Ovest gli ultimi italiani di Crimea sono in balia delle onde. Lo stesso ma­re che li ha v­isti deportati per i la­vori forzati in Siberia oltre 70 an­ni fa. Igor Federov, che ha sposa­to Anna Porcelli, ci porta a vede­re il molo delle vergogna dove vennero imbarcati. «Ogni anno veniamo a gettare in mare dei garofani rossi per chi non è più tornato. Adesso, che altri tempi bui sono alle porte, non abban­donateci ».