Merkel e Sarkozy abbiano il coraggio di imprimere una svolta e non stiano a giocare a girotondo con Wall Street

03 Gennaio 2012

Domenico Cambareri

 

A chi fa paura il default?  Per chi lavorerà Monti: per l’Italia del futuro e il 1952?  Con la testa di Goldman Sachs? A quando le risposte certe?

 

Lo scorso 21 novembre abbiamo richiamato l’attenzione dei lettori, dei politici e degli estensori di programmazioni e di bilanci pubblici e dell’imprenditoria sul come la défiance o diffidenza degli stessi organi pubblici e privati italiani in realtà nasconda una defiance da intendere più che come sfida (o defiance of) come vero e proprio noncurante loro sprezzo per le metodologie scientifiche che determinano sin dall’inizio un oggettivo arretramento delle discrezionalità valutative e di giudizio ultimo  dei decisori burocratici e amministrativi. Cosa che avvantaggia il persistere del clima di collusioni e di clientelismo ben occultato e sfrenato  di quasi generalizzata malversazione in funzione di puro parassitismo, di improduttività e di fallimenti. In altre parole, abbiamo evidenziato come il “sistema Italia” sia stato e continuerà ad essere un colabrodo il cui unico utilizzo è quello di servire, e continuare a servire, ruberie e scialacquamenti delle ricchezze pubbliche.
Il governo Monti anche su questo cruciale punto fondamentale per ogni pur minimo e serio tentativo di  ripresa economica infatti continua a tenere il proscenio al buio. Nulla continuiamo a sentire intorno all’esigenza di dovere rigorosamente investire soltanto su progetti redditivi. Per questo, abbiamo richiamato tutta una serie di interventi di uno specialista nel campo delle metodologie internazionali della redditività, Alberto Savastano.
Oggi vogliamo riportare l’attenzione dei lettori, dei politici, degli economisti e degli operatori dell’informazione su cosa sta venendo a costare la guerra per l’euro. Una guerra che ci sta logorando in maniera terribile per parare colpi diretti a tutta l’Unione Europea. Germania inclusa. A nostro avviso, il problema è politico. Se Germania, Francia e Paesi dell’Unione Europea e Giappone, con alleati necessari quali Turchia, Brasile e altre Nazioni extraeuropee caratterizzati dalla forte crescita del pil, non trovano il coraggio per imporre al capo del governo inglese e a Obama trattative serie, veloci e definitive per realizzare senza altre perdite di tempo un efficace controllo del potere politico sulle attività della speculazione finanziaria internazionale che ha proprio a New York e a Londra i centri di queste operazioni aggressive e destabilizzanti, a nulla servono le continue emorragie dei bilanci statali  e delle retribuzioni italiani e degli altri Paesi dell’Unione. Sono solo piccoli panni caldi che però distruggono le condizioni di vita e di sicurezza economica di interi popoli. Ugualmente, se il club allargato di Germania, Francia e Unione Europea, Giappone e quindi Turchia e altri Paesi dalle economie emergenti non hanno volontà forza coesione per imporre, in caso di mancanza di esito positivo,  un rivolgimento ai riottosi governanti americani e inglesi succubi dei gradassi della finanza che troneggiano con le diseconomie della speculazione,  anche con l’adozione di  clamorose rotture politiche e la revisione di alcuni aspetti importanti delle impostazioni  dell’intoccabile solidarietà della politica estera transatlantica anche a livello mondiale, a nulla serviranno i conati di riequilibrio finanziario dei debitori pubblici, dei “debiti Sovrani”. Le voragini speculative o altrimenti e eufemisticamente definite come le certezze che gli investitori finanziari della borsa chiedono e aspettano (!) porteranno davvero a disastri inimmaginabili.
Bisogna mettere in scacco l’impianto stesso del degenerato “modello anglosassone”, modello finanziario che preferisce economie invertebrate e che ha fatto pagare all’interno degli USA e del Regno Unito prezzi incalcolabili a interi strati della popolazione. E di ciò nulla o quasi si scrive. Bisogna mettere in scacco il potere coercitivo che i finanzieri esercitano sui politici con lo strumento del ricatto dei finanziamenti. Negli USA, i finanziamenti di trust e miliardari dovrebbero essere messi al bando per le campagne politiche dei governatori, per le primarie e le elezioni presidenziali. Ma l’Italia, l’Europa e molte altre Nazioni non possono aspettare le calende greche. Merkel, con Sarkozy,  deve trovare le energie intellettuali e la volontà politica di chiedere, con l’Unione Europea, il Giappone e le altre Nazioni a cui abbiamo accennato prima, agli USA sia in sede bilaterale sia in sede G-20 sia in sede WTO a Obama, al Senato e al Congresso delle stelle e strisce che varino immediatamente leggi adeguate – cioè, drastiche; cioè, incisive – per imporre il controllo del loro efficiente Ministero del Tesoro su tutta la sterminata galassia dei pirati  del Mar di Wall Street.
Non c’è da perdere più altro tempo. La Washington e  la New York e la London degli speculatori infinitamente ladroni e satanassi criminali vanno poste d’assedio. Subito. A nulla servirà la pseudo sciovinistica reazione di certa stampa americana prezzolata che dipinge già Merkel con i baffetti hitleriani. Questo è un momento storico particolarmente propizio perché proprio all’interno degli States folle enormi contestano e lottano pacificamente contro i massacratori delle monete, dei bilanci e dei popoli. I debiti sovrani vanno rivisti subito con la cinghia e con la lesina non più in mani ai finanzieri e ai banchieri. La Cina nutrirà paure per la perdita di guadagni? E’ il prezzo minimo che dovrà pagare sull’incasso di montagne di debiti sovrani. La Russia da tutto questo parapiglia rifondativo  potrà trarre solo benefici.
 Il default non può più far paura a nessuno, neppure agli abitanti degli USA, appunto, neppure ai greci. Esso può arrecare paura e danni – e quali danni – solo ai satanassi ladroni di Wall Strett e agli strangolatori degli imprenditori onesti che esistono ovunque, sotto ogni bandiera. E’ chiaro il messaggio: porre termine al gioco delle società di rating, vero luogo in cui da decenni e decenni si consumano le trame e gli assassinii del lavoro e delle economie dei popoli. Vero luogo in cui le parole assenza di trasparenza e disonestà paiono essere termini adamantini rispetto alla smisurata possibilità di sottrarsi alla legge che esse hanno goduto e alla smisurate serie di crimini che da esse vengono commessi da chissà quanto tempo e che vengono commessi anche in queste ore. Ad esse vanno associati per correttezza estrema e per dovere di informazione i petrolieri. E quindi ancora una volta in primis gli “States” dei petrodollari.
Bisogna con decisione “imporre” agli USA dei banchieri a policy of appeasement, in cui non vi sia arrendevolezza ma spirito di riconciliazione nell’interesse dei popoli, ad iniziare da quello statunitense che soffre ed ha sempre sofferto non meno degli altri di alte percentuali di emarginati e poveri  che non hanno fatto storia alla faccia del drogato “sogno americano”. Bisogna ed è necessario cominciare a realizzare un nuovo ed epocale capitolo della storia economica e finanziaria e del riscatto delle nazioni e dei popoli dal circuito infernale del “ciclo chiuso e sigillato”dell’usura senza fine.
Sono parole facili da scrive senza dubbio, ma sono necessità a cui ci richiama il dovere di attuare un minimo di giustizia distributiva. Il XX secolo è stato in larga misura guidato da due concezioni assurde, diametralmente opposte ma aventi ugual natura: il comunismo che è in larga parte quasi ovunque defunto e che è stato il modello di  regime per eccellenza e in via esclusiva totalitario; il capitalismo borghese, che nelle stagioni dello sviluppo statunitense ha affermato una natura del tutto moralmente perversa e politicamente esecrabile. Per far questo, si deve essere pronti ad ingaggiare una lotta politica, diplomatica ed economica con gli attuali assetti di potere USA di fatto controllati o fortemente condizionati dalle lobby del crimine finanziario.
Non c’è altra alternativa per perseguire la via della ragionevolezza e della salvaguardia dei diritti fondamentali di tutti gli attori internazionali e dei loro popoli, Europa e Italia non ultime. Coerente e inflessibile rigore, a beneficio del riscatto. Lasciamo perciò cadere le torbide e subdole manovre che sono state attivate negli scenari della politica internazionale, oggi dirette contro il per noi del tutto non gradito regime iraniano. Esse servono per distogliere l’insofferenza la rabbia e la paura crescenti a causa dei gravi problemi finanziari che ci assillano quotidianamente. Quale strumento della finanza speculativa internazionale che non demorde dal farci tuffare in nuovi, ulteriori conflitti per padroneggiare le scene dietro le quinte e decidere il grado di spremitura di genti e Stati in “default”. Secondo la loro logica che signoreggia e vuole signoreggiare sul potere politico.
E su questo è bene che le comunità israelitiche statunitensi facciano luce e dicano la loro posizione, senza lasciare placet e benefici più o meno coperti al alcuno. Ad iniziare dalla moltitudine di israeliti con la doppia cittadinanza israeliana e statunitense e da quanti prosperano nell’usura e nel grasso nauseabondo della finanza speculativa e delle società di rating. Perché è bene che il mondo sappia che anche tra gli israeliti, tra i giudei vi è tanta gente che vive una vita secondo standard economici propri ai popoli in cui essi vivono, e che vi sono anche poveri ed emarginati. Alla faccia del grande ipocrita e pericolosissimo “sogno” sionista che gioca non poche carte in questi sporchi affari. “Sogno” che non ha ingabbiato e non potrà ingabbiare sia chi è israelita sia chi è, in maniera affatto generica, ebreo.
E’ chiaro anche il messaggio per il nostro presidente del consiglio. La sua preparazione e la sua formazione “aziendalistica” oggi impongono interrogativi ancora maggiori di quelli che abbiamo già sollevato. E’ bene sapere che Monti dica chiaramente in quale direzione vuole veleggiare nel contesto internazionale – con il consenso non certo di un parlamento imbelle ma solo dell’Unione Europea, senza imporre poi repentini cambi e nuovi e rovinosi venticinque luglio e otto settembre. Da che parte l’Italia dovrà stare, qui risulta chiaro. Che ne dice il Prof. Monti?

 

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Come in precedenza abbiamo richiamato i contributi di Alberto Savastano, adesso richiamiamo altri articoli che conservano intatta la loro attualità, in particolare quelli di una delle firme del nostro sito, Enea Franza, che in più momenti si è intrattenuto su questi scottanti temi sotto l’aspetto specificamente economico-finanziario.

 

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